Non sanno scrivere le leggi, questa è la verità. Eppure il premier Giuseppe Conte è professore universitario di materie giuridiche, dovrebbe essere un garante nella stesura del testo. Grazie alla incapacità del Governo, a Napoli e in Campania, il prestito da 25 mila euro è diventato un miraggio. Nonostante ci sua la garanzia al 100 per cento dello Stato italiano. Non restituirai il prestito alla banca? Lo farà per te lo Stato. Lo ha ribadito, in un’interrogazione parlamentare, il ministro Stefano Patuanelli: basta compilare il modulo, firmarlo ed inviarlo via pec alla propria banca insieme a copia di un documento di riconoscimento. In poche ore, i 25 mila euro saranno accreditati sul conto corrente dell’imprenditore o del professionista, ha confermato il ministro. In fondo lo avrebbe stabilito il “decreto liquidità”. Scrivo “avrebbe” per due ragioni: il provvedimento del governo Conte è quasi una “delibera di indirizzo”. Non specifica se le banche siano obbligate o meno a erogare il finanziamento. Soprattutto, cosa accade se si rifiutano. In realtà, il problema è proprio giuridico: la norma coinvolge tre soggetti: il cittadino, lo stato e la banca. Ma non dice se la banca sia obbligata o meno a erogare il finanziamento. E se uno non è obbligato, anzi non si sente obbligato, fa un po’ come gli pare. E poi non è vero che sono 25 mila euro. Il prestito è pari al 25 per cento di quanto si è fatturato nel 2019, col limite massimo di 25 mila euro. Se un’impresa ha fatturato, ad esempio, 50 mila euro, potrà farsi finanziare al massimo 12.500 euro. Pare che al Nord gli istituti di credito stiano effettivamente provvedendo a quella “iniezione di liquidità” di cui il sistema ha bisogno per fronteggiare i disastri economici da covid 19. A Napoli e nelle altre città campane, i direttori nicchiano, chiedono documenti, pretendono di analizzare “carte” non previste dalla legge. Chi scrive si sente a prova di querela: commercialisti ed aziende hanno archiviato le migliaia di mail di risposta con la quale l’agenzia o la filiale, chiedono il bilancio e la dichiarazione dei redditi riferiti al 2019. Sono documenti che la stragrande maggioranza delle aziende non può produrre, anche perché, sempre a seguito dell’emergenza, il termine ultimo è stato spostato in avanti: i bilanci si potranno approvare entro il 30 giugno e le dichiarazioni addirittura si invieranno all’Agenzia delle entrate fino al 30 novembre. Per non parlare dei tassi di interesse. Come sempre la norma è indicativa. Si naviga, in pratica, intorno al 2 per cento. Altro che costo zero per gli imprenditori! Insomma, caro ministro Patuanelli, lei è proprio certo che le banche si sentano obbligate, qui in Campania, a rispettare la volontà di Governo e Parlamento? Oppure ci sono banche al Nord e bancarelle che operano in zona franca (dalle leggi) al Sud? La generale levata di scudi contro il direttore del quotidiano Libero (volutamente ometto il nome, sarebbe pubblicità gratuita), per le sue offensive dichiarazioni sui meridionali, dovrebbe coinvolgerla, caro Patuanelli. Non ci sentiamo e non siamo esseri inferiori noi che siamo nati e viviamo qui, non dovrebbero esserlo le banche che operano da Roma in giù. Ci faccia capire, ministro: questo prestito sarà concesso anche a noi terroni o, piuttosto, saremo soltanto travolti dalla solita e burocratica richiesta di documenti inutili?
Giuseppe Pedersoli